Tra nuclei tematici e nodi concettuali di una disciplina di studio: ecco quanto scrive l’isp. Biagio Scognamiglio.
“Si va parlando di “nucleo tematico” e “nodo concettuale”. È una terminologia in apparenza strana, intesa com’è a investire le discipline di studio. Poiché finisce col risultare ambigua, chiediamoci da dove tragga origine e per quale fine sia stata concepita. Viene in mente la locuzione inglese core business, così definita, ad esempio, nel Vocabolario Treccani: “attività di affari principale”, composta di core “nucleo” e business “affare, attività economica”. Ecco il nocciolo della questione: si vorrebbe che le discipline fossero organizzate in conformità a una strutturazione aziendale. Questo intento, non si sa se volutamente o inconsciamente, si ritrova ad essere travestito nelle sopra ricordate acrobazie terminologiche, aperte fra l’altro a varianti come “nucleo fondante” (si attendono con ansia altre escogitazioni paralinguistiche).
Se cerchiamo in rete degli esempi, che possiamo reperire in abbondanza, non possiamo esserne entusiasti. Ci troviamo di fronte a laceranti scomposizioni dei tessuti disciplinari. Il corpo vivo di ciascuna disciplina viene sottoposto a dissezioni anatomiche, come per praticarne l’autopsia. Tutto viene ridotto a funzionalismo meccanicistico. Non c’è più tempo per affrontare i problemi che il sapere continua a riproporre: ci si deve dedicare a elaborare griglie dalle quali poi il sapere non può districarsi. Peccato, perché etimologicamente săpĕre significa “essere saggi e assennati” ossia “aver giudizio”: di qui “sapere” come sostantivo con la corrispondente forma verbale.
Le discipline vivono davvero nel rapporto esistenziale fra esseri pensanti, che disinteressatamente ricercano spiegazioni e si aprono a progettazioni. Se le intendiamo nella loro essenza, l’utilitarismo economicistico è ad esse estraneo e contrapposto. Ciò in ogni campo. Vivisezionare una disciplina, lacerandola, smembrandola, sminuzzandola, è esercizio che va contro l’autenticità del rapporto vissuto sinergicamente da chi insegna e da chi apprende. Rapporto di coinvolgimento che comporta sorpresa, emozione, gioia. Sorpresa, emozione, gioia che francamente non riusciamo a sentire di fronte alle tabelle elaborate da menti utilitaristiche. Ma allora una disciplina non deve essere analizzata? Certo che può esserlo: l’analisi però va fatta dopo, e non prima, averla vissuta nella sua globalità. Cercare preliminarmente nuclei tematici, nodi concettuali, nuclei fondanti è mortificante e annichilente. Anche se la comprensione immediata presenta carenze, un testo letterario va prima letto e poi analizzato. Anche se di fronte a un problema matematico si resta disorientati, questo disorientamento è preliminare ai tentativi di soluzione della sua consistenza problematica.
Una volta devastata, mortificata, annichilita, la disciplina non conosce resurrezione. In senso autentico la disciplina è essenzialmente creatività. Costruirla insieme nei processi di insegnamento e apprendimento è una forma d’arte nel momento stesso in cui è scienza. Ciò vale anche per l’economia intesa in collegamento con l’etica. È questo collegamento che oggi sfugge: proprio quando l’etica è carente, si cercano nuclei tematici e ci si lascia sfuggire la complessità totalizzante, si cercano nodi concettuali e non ci si accorge, o non ci si vuole accorgere, che ogni nodo si aggroviglia e diventa inestricabile, si cercano nuclei fondanti e ci si ritrova estranei al fondamento che è la disciplina stessa.
Insistete a scomporre le discipline: vi ritroverete a non poter più ricomporle.”
Segnaliamo di Biagio Scognamiglio “il test per esperti” su www,matmediait